Storia

Il toponimo Noventa, presente nelle testimonianze medievali padovane dal 918, sembra richiamare il termine latino Nova o Novale, ovvero terra di recente messa a coltura, proprio per via delle bonifiche effettuate in quell'epoca nelle zone paludose del Brenta.

In origine Noventa era un villaggio rurale soggetto alla vicina Padova e la sua fondazione, probabilmente, risale al periodo in cui queste terre erano abitate dagli Eneti. Dai documenti è accertato che, fino al 1400, il territorio era compreso fra i beni dei canonici della cattedrale di Padova.

Nei secoli XI e XII Noventa fu un porto fluviale di particolare importanza nei collegamenti con Venezia, soprattutto dopo l'escavazione del Canale Piovego, compiuta dal libero comune di Padova tra il 1209 e il 1210, e la costruzione del ponte sul canale.
Si trattava di ponte a singola arcata, secondo l'uso medievale, e si trovava al termine di un piccolo bacino a bottiglia in cui stavano infisse le bricole, pali di legno riuniti a due o a tre, tipici della Laguna veneta.

Nel 1919 fu eretto l'attuale ponte con le chiuse, e il vecchio cadde in disuso finché fu demolito: resti dei gradini di accesso si possono scorgere lungo l'argine sinistro.
Inoltre, la famiglia padovana dei Dalesmanini vi possedeva un castello, che fu probabilmente dimora di Isabella, moglie dell'imperatore Federico II di Svevia.
Nel 1239, infatti, il sovrano, ospite per alcuni mesi dei Padovani, si dilettava in battute di caccia proprio a Noventa.

La sua posizione, la presenza di corsi d'acqua e la fertilità delle terre attirarono indubbiamente molti facoltosi esponenti della nobiltà padovana, basti pensare che nel XIV secolo il maggior proprietario terriero era Enrico Scrovegni, uomo d'affari e banchiere legato alla cappella omonima affrescata da Giotto.
Egli aveva acquistato i possedimenti, un tempo appartenuti ai Dalesmanini ma, nel 1331, quando fu esiliato a Venezia, il suo feudo fu ceduto al veneziano Niccolò Foscari.

Il Trecento fu un secolo di guerre, carestie e pestilenze, a tal punto che una profonda crisi demografica mise a rischio l'esistenza stessa dell'abitato.
Tuttavia la tendenza cambiò radicalmente dopo la cessione di Padova a Venezia: nel 1405 le proprietà dei Carraresi furono vendute all'asta, i patrizi Veneziani spostarono i loro interessi dal Mare alla terraferma, privilegiando le proprietà lambite dalle acque del Brenta che garantivano comunicazioni rapide con la Serenissima.
Rifiorirono allora, traffici e coltivazioni, mentre il porto, documentato sin dal 1095, recuperò l'importanza originaria. Sorsero proprio in quel periodo le prime ville, legate alla funzione economico-agraria: la loro fioritura proseguì dal Cinque al Settecento, lasciando alcuni splendidi esempi ancora oggi apprezzabili.
Erano edifici di pietra che, come scrisse il veneziano Marin Sanudo, si distinguevano alquanto dalle modeste abitazioni di legno o di paglia (i cosiddetti casoni) in cui vivevano i contadini e gli allevatori.
Oltre al corso del Brenta venne sfruttato anche il Canale Piovego, che, comunque, rivestì un ruolo secondario.

Nel Settecento Noventa ebbe una fama addirittura europea per la comodità della villeggiatura, che possedeva luogo in ville sfarzose appartenenti alla più esclusiva nobiltà veneziana. Il burchiello era, infatti, un'imbarcazione che consentiva un rapido collegamento tra Padova e Venezia attraverso il Brenta.
In quell'epoca a Noventa prese piede anche una tradizione culturale di alto livello, come riflesso dei centri vicini di Padova e Venezia.
In una villa fu ospite lo scrittore e letterato Gasparo Gozzi, che ricorda il suo soggiorno in varie lettere: Melchiorre Cesarotti risedette qui almeno nel 1789.

Nella seconda metà del secolo fu attivo anche un rinomato "Collegio dei Nobili", diretto dall'abate veneziano Giovanbattista Garganego: esso ospitava un laboratorio di fisica sperimentale, che nel 1796 passò al seminario padovano. Fu forse allievo di questa scuola Angelo Agnoletto, teologo e latinista.In un'ordinanza del Regno d'Italia, datata 25 marzo 1807, si prescrive che il Dipartimento del Brenta è suddiviso in Distretti, Cantoni e Comuni, comprendenti una o più località circonvicine.

Noventa, come stabilito in un Decreto di Napoleone del 28 settembre 1810[4], era aggregata al comune di Padova: tale norma restò pressoché invariata anche sotto la dominazione austriaca. I comuni della Riviera del Brenta, fino ad Oriago (attualmente frazione di Mira), furono, invece, ceduti alla Provincia di Venezia.
Nell'Ottocento risiedevano a Noventa Pierluigi Mabil, nella casa Bruzzo, professore di lettere all'Università di Padova e, Giovanni Santini, a Villa Loredan - Gallini ora Saccomani, dove fa costruire per i suoi studi una torretta di osservazione, tuttora visibile a fianco della Villa.
Astronomo e matematico, nominato per due volte Rettore dell' Ateneo Patavino negli anni 1825-1847 e per ben ventisette anni mantiene l'incarico di Direttore della Facoltà di Matematica insigne, a cui è stata intitolata la scuola media. Nel periodo in cui fu sindaco, dal 1866 al 1874, Santini istituì la scuola elementare comunale.

La denominazione ufficiale di Noventa Padovana risale al 1867, anno dell'annessione del Veneto al Regno d'Italia che, con il Regio Decreto dell'11 agosto la distinse dagli omonimi comuni di Noventa Vicentina e Noventa di Piave. Il toponimo odierno è comunque conferma dell'antica denominazione in uso nei secoli XVII e XVIII di Noventa sotto Padova.

Evoluzione demografica Secondo un Decreto Napoleonico del 28 settembre 1810 la località di Noventa, appartenente al comune di Padova, contava 895 abitanti. Il 30 aprile 1900, nella relazione della visita del Vescovo di Padova a Noventa, emerge che la popolazione comunale ammontava a 1.973 residenti.
Il paese, attualmente compreso nell'agglomerato urbano di Padova, sta conoscendo negli ultimi dieci anni un massiccio incremento demografico, simile a quello registrato negli anni '60: nel 2000 si contavano 7.971 abitanti, mentre oggi sono 10.831.
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